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Un Paese grande all'incirca quanto la Lombardia investe nel venture capital 20 volte più dell'Italia. Grazie alla propensione all'innovazione e al rischio, Israele è diventata la terra degli unicorni, specialmente nel settore finanziario e assicurativo. Fra 2021 e 2022 le startup fintech locali hanno raccolto quasi 7 miliardi di dollari in poco meno di 200 round. Questi capitali stanno alimentando lo sviluppo di nuove tecnologie che il Cetif intende portare anche in Italia. Il Centro di Ricerca della Cattolica ha di recente avviato una filiale a Tel Aviv con l'obiettivo di intercettare le migliori startup e mettere le loro soluzioni a disposizione dei clienti che si avvalgono dei servizi di consulenza dello spinoff universitario. «Il rapporto commerciale fra Italia e Israele è solido e si sta rafforzando», spiega Imanuel Baharier, General Manager di Cetif Advisory e responsabile della filiale di Tel Aviv. «La bilancia pende a favore dell'Italia, ma Israele è all' avanguardia mondiale dell'hi-tech e le sue startup sono sempre alla ricerca di nuovi mercati, più ampi di quello domestico», prosegue. «Il nostro centro ha l'obiettivo di fungere da trait d'union fra l'innovazione israeliana e le imprese italiane, creando una relazione reciprocamente vantaggiosa». L' Italia rappresenta del resto un approdo ideale non solo per prossimità culturale ma anche per il contesto legislativo favorevole. «Le startup israeliane hanno poche occasioni di lavorare con il settore pubblico e con le grandi istituzioni private», conclude Baharier. «In Italia, invece, troverebbero un contesto regolamentare ideale per collaborare con la pubblica amministrazione oppure con settori molto regolati come quello bancario: basti pensare, per esempio, alle diverse sandbox messe a disposizione dalle autorità per testare le soluzioni innovative».